Sul riconoscimento dello Stato Palestinese all’Onu. 18-09-2011

 

 

 

 

In primo luogo dobbiamo esprimere la nostra completa mancanza di fiducia nei confronti di Mahmud Abbas -Abu Mazen-, presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, che per anni ha guidato illegittimamente il suo popolo su una linea politica confusa e per noi fondamentalmente errata. La frammentazione politica e territoriale, il dialogo diretto e assolutamente inutile con Israele, il rifiuto del diritto al ritorno e del diritto alla resistenza sono le principali colpe che addebitiamo a Mahmud Abbas, a cui in ultimo va aggiunta anche una pessima gestione della cisgiordania, mirata più a mantenere l’equilibrio che permette a Al-Fatah di governare che a migliorare le condizioni di vita del popolo.

Inoltre non gradiamo che la proposta all’Onu venga formulata in un momento in cui il processo di “riconciliazione nazionale” tra i vari partiti palestinesi ( iniziato con la firma del protocollo d’intesa del Cairo) è in una fase di stallo; è fondamentale infatti che l’unità diventi il prima possibile una realtà, in quanto solo l’unità politica e l’unità d’intenti e di aspirazioni del popolo possono essere la base dello stato di Palestina. E’ quindi assolutamente necessaria la ripresa del percorso iniziato il 3 maggio al Cairo, che deve essere portato avanti con determinazione fino alla creazione di una rappresentanza unitaria credibile, sostenuta dal popolo e che agisca negli interessi esclusivi del popolo stesso. 

Consapevoli che questo non è l’unico percorso che la lotta per la liberazione della Palestina deve assumere per essere incisiva e forte, lo riteniamo comunque un passaggio importante -un rappresentante legittimo che tuteli gli interessi dei palestinesi e che da questi sia sostenuto è una necessità impellente di questi anni. Per questo abbiamo salutato con gioia le azioni e le dimostrazioni del “movimento del 15 marzo”, che nei mesi scorsi ha proposto il superamento degli attuali assetti di potere ( dominati dai due grandi partiti, Hamas e Al-Fatah), e per la riunificazione del politico statale palestinese: da questa iniziativa è partito il percorso di “riconciliazione nazionale” di cui si è già parlato. Per lo stesso motivo in passato abbiamo contestato l’operato del partito di Al-Fatah e del presidente Abu Mazen, ed oggi siamo perplessi e guardiamo con diffidenza alla sua iniziativa.

Tuttavia sosteniamo questo passaggio, in quanto crediamo che il riconoscimento dello stato di Palestina possa essere uno strumento col quale frenare le iniziative di uno stato israeliano sempre più aggressivo e sempre più impantanato tra i suoi problemi interni e la ridefinizione degli equilibri tra gli stati mediorientali. Il riconoscimento formale dello stato palestinese non cancellerebbe di colpo tutti gli altri ostacoli che ancora vanno superati per veder la liberazione della Palestina, primo fra tutti il consolidamento dello stato “reale”, fatto di controllo del territorio, partecipazione politica popolare e giustizia sociale. 

Diffidiamo dunque il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese dal barattare per il riconoscimento dello stato tre diritti inalienabili del suo popolo, ovvero il diritto al ritorno, il diritto alla resistenza e il diritto alla completa autoemancipazione. Per noi questi tre diritti devono essere oggi il fondamento della lotta contro l’occupazione e domani la base del futuro stato di Palestina, e nessun presidente, tanto più se illegittimo come lo è Abu Mazen si può permettere di scambiarli o svenderli. Ascolteremo l’intervento del presidente, e vi presteremo molta attenzione, consapevoli della divergenza di obiettivi che esiste tra la dirigenza di Al-Fatah e il popolo palestinese: i primi vogliono prolungare di un qualche tempo il loro potere, i secondi vogliono la liberazione delle loro terra e la costruzione di un vero stato per dare libertà e prosperità al popolo. Sosteniamo la prospettiva di veder un giorno in palestina un unico stato secolarizzato, democratico e laico, e crediamo che un primo riconoscimento dello stato palestinese possa essere un passo in questa direzione. Di sicuro non scompariranno nel nulla i mille problemi della gente palestinese, nè si dissolverà in fumo il dramma dell’occupazione, ma del resto sarebbe stupido aspettarsi una cosa del genere dalle Nazioni Unite. Forse si riuscirà limitare l’arroganza e la prepotenza di Israele, e alle sue politiche fatte di segregazione sociale, invasioni militari e il costante avanzamento dei coloni in territorio palestinese.

 

“Noi intendiamo il conflitto arabo-sionista come un qualcosa che non può essere completato o concluso con lo stabilirsi dello Stato palestinese, ma solamente con il consolidamento di una democrazia secolare su tutta la terra della Palestina storica, con uguaglianza per tutto il suo popolo.” 

(Marwan Fahoum, dell’ufficio politico del fronte popolare per la liberazione della palestina, 2 marzo 2011)