Lunedi 11 Agosto, terzo giorno di campo estivo
Dopo una devastante mattinata al centro, dove la forza “distruttiva” dei bambini non è controllabile neppure dall’avanzato sistema di difesa israeliano, nel pomeriggio ci siamo diretti verso Beit Jala, presso l’ospedale “Bethlehem Arab Society For Rehabilitation”, dove da qualche settimana sono ricoverati alcuni feriti di Gaza. L’ospedale è situato su una collina, circondato dalle colonie israeliane tra cui Ghilo, A A’ar Ghilo, che ci permette di cogliere l’essenza dell’occupazione, ma “gode” anche di una panoramica più ampia, da cui si puo’ osservare Betlemme e lo stesso campo di Aida. Tra campi coltivati, alberi di ulivi e il bianco delle case si erge il muro dell’apartheid costruito nel 2004 che, come un serpente striscia verso il nord della Cisgiordania. Lunghi fiumi di asfalto collegano tra loro ammassi di edifici quali sono le colonie, che spiccano silenziose sulle alture come a voler controllare anche dall’ alto le vite di chi è oltre il muro.
Dagli occhi dei gazawi si percepiva riconoscenza, ma anche incredulità, tanto da spingere un ragazzo quindicenne mutilato ad un piede a fotografarci scherzando mentre lo intervistavamo. Se per noi tanto è sembrato assurdo toccare con mano la follia umana, per loro è stato difficile realizzare che c’è ancora qualcuno pronto a non dimenticarli e a riconoscere l’ingiustizia. Il popolo della Striscia è stato spesso abbandonato e cancellato dai libri di storia, ma finchè ci sara’ qualcuno pronto a mettersi in gioco e a non rinnegare questa causa il popolo palestinese non sarà mai solo.
La casa dovrebbe essere il luogo piùsicuro del mondo, ma non lo è a Gaza. Il signore che abbiamo visitato ha perso un braccio e una gamba mentre tentava di preparare il caffè nel giardino della propria abitazione. Un paramedico anch’esso ricoverato qui può raccontare la sua storia dopo essere fortunatamente sopravvissuto ad un attacco aereo israeliano. L’ambulanza in cui lavorava è stata investita da schegge e detriti dovuti ad un’esplosione avvenuta nelle vicinanze. I medici si stanno rivelando ancora una volta essere degli eroi che resistono ogni giorno rischiando la propria vita per rischiarne altre. Numerose e diverse tra loro sono le storie, accomunate però dalla stessa vergogna perpetrata dallo stato sionista: una di queste ce l’ha raccontata un ragazzo di Jabalia, gravemente ferito mentre soccorreva i suoi vicini già bombardati qualche minuto prima. Ma anche in West Bank la situazione, seppur su un altro livello, non cambia. Ad al-Kahlil (Hebron) nelle scorse settimane è stato teatro di violenti scontri con i soldati israeliani, a seguito dell’uccisione di un giovane del campo profughi di Al Arqub. Stesso paese da qui proviene il diciottenne che oggi abbiamo avuto la possibilità di ascoltare all’ospedale di Beit Jala, dopo essere stato ferito da un cecchino israeliano.
Noi italiani in Palestina, assieme ai/alle compagni/e baschi/e, esprimiamo la nostra più sincera vicinanza e fratellanza verso la popolazione gazawi, da cui abbiamo molto da imparare. In questi giorni noi shebab del campo di Aida, con i/le compagni/e del centro Amal al Mustakbal, tanto ci siamo attivati per non cadere nell’oblio dell’occupazione. Nel pomeriggio abbiamo realizzato alcuni murales al di fuori del centro. Il poter condividere nelle strade la quotidianità del campo è stata per noi fonte di ricchezza.
Questa intensa giornata si chiude con due immagini: l’anziano gazawi mutilato che ci ha regalato un enorme sorriso parlandoci della propria famiglia che si è salvata; il giovane di Al Arqub che, nonostante tutto, afferma di voler continuare a combattere Israele fino alla liberazione della Palestina.
Thaura Att’ Al Nassr- Con La Palestina Nel Cuore
Gli Shebab del campo profughi di Aida
centro Amal Al Mustaqbal
Radio Amalrossa