Firma anche tu la petizione contro Pizzarotti!
Da www.stopthattrain.org il comunicato dai promotori della campagna “Libera Napoli dalla Pizzarotti!”
Il Consiglio Comunale condanna la partecipazione della Pizzarotti alla Tel Aviv – Gerusalemme
13 febbraio 2012 – Oggi il Consiglio Comunale di Napoli ha votato ed approvato a maggioranza l’ordine del giorno presentato dai Consiglieri Fucito (FdS), Vasquez (N è T), Moxedano (IdV), Borriello (SEL), Fiale (PD) in cui si “Esprime condanna morale e politica nei confronti della ditta Pizzarotti & C. S.p.A. per la partecipazione ai lavori per la costruzione della A1 Gerusalemme- Tel Aviv”. La nuova linea ad alta velocità, infatti “ad uso esclusivo della popolazione israeliana, percorre 6,5 km attraverso la Cisgiordania occupata, con la confisca di proprietà privata palestinese nei villaggi di Beit Iksa e Beit Sourik, inclusi terreni agricoli riconosciuti dalla Corte Suprema Israeliana come ‘risorsa fondamentale per la sussistenza’ delle comunità”. Pertanto, “la linea ferroviaria A1 è in violazione del Diritto Internazionale Umanitario e dei Trattati internazionali sui Diritti Umani, tra cui la IV Convenzione di Ginevra, in particolare Art. 53 che vieta ‘alla potenza occupante di distruggere beni o mobili o immobili appartenenti individualmente o collettivamente a persone private, allo Stato o a enti pubblici, a organizzazioni sociali o a cooperative, salvo nel caso in cui tali distruzioni fossero rese assolutamente necessarie dalle operazioni militari’, in questo caso le distruzioni sono attuate per la costruzione di infrastrutture permanenti inaccessibili alla popolazione locale.” Continua a leggere
Roma, 15 febbraio 2012, Nena News – Il regime siriano accellera, almeno in apparenza, l’avvio di quelle riforme tante volte annunciate e mai realizzate. La televisione di stato ha annunciato questa mattina che si terrà il 26 febbraio il referendum sulla nuova Costituzione. Nel giro di 15 giorni i siriani verranno chiamati alle urne per un voto che, di fatto, è un referendum proprio sul regime.Il presidente Bashar Assad gioca la carta del consenso popolare. Un «sì» massiccio alla nuova Costituzione a suo avviso metterebbe nell’angolo l’opposizione e i rivoltosi. Sempreché il voto del 26 febbraio sia regolare e credibile e il regime non faccia pressioni sulla popolazione per ottenere un risultato favorevole. Al momento non e’ noto se verra’ permesso il monitoraggio indipendente del voto e l’ingresso nel paese dei osservatori elettorali di altri paesi.
In base alle indiscrezioni fornite dalla tv di stato, l’articolo uno della nuova Costituzione recita: «La repubblica araba siriana è uno stato democratico con piena sovranità, non accetta ingerenze e non fa concessioni su parte del suo territorio e del suo popolo ed è parte della nazione araba». Sempre all’interno del testo si precisa anche che «la religione del presidente della Republica è l’Islam e il diritto musulmano è la fonte principale della legge e lo Stato rispetta tutte le religioni che si possono professare liberamente». Si afferma soprattutto che «il sistema politico è pluralista e si basa sul sistema democratico di elezione dei partiti e dei raggruppamenti che partecipano alla vita politica…non è ammessa alcuna attività politica o la formazione di partiti che abbiano basi religiose o settarie». Le prossime elezioni politiche si terranno entro novanta giorni dal referendum sulla nuova costituzione e che «il potere legislativo è rappresentato dal parlamento che viene eletto ogni 4 anni». Nel testo si stabilisce anche che «il potere esecutivo spetta al Presidente della Repubblica e al Consiglio dei ministri». Si sancisce inoltre che «la libertà è un diritto riconosciuto dallo Stato ai cittadini» e che «tutti gli attacchi alle libertà personali o alla sacralità della vita o alle libertà sancite dalla costituzione rappresentano un crimine punito dalla legge».
Saranno però in tanti, specie fuori dal paese, a tentare di far saltare la scadenza del 26 febbraio o, almeno, di vanificarla. Tra domani e venerdì l’Assemblea generale delle Nazioni Unite voterà una risoluzione in cui si condanna la repressione dell’opposizione in Siria e si sollecita Damasco ad andare verso un sistema democratico e multipartitito. A presentare la risoluzione sarà l’Arabia saudita che in casa propria vieta la formazione di qualsiasi partito politica e invece la sollecita a causa altrui. Nena News
Dopo l’esempio di Rho, ieri (13 febbraio 2012) anche il Comune di Napoli ha approvato un o.d.g. di condanna morale e politica nei confronti della Pizzarotti & co. per la sua partecipazione ai lavori di costruzione del treno ad alta velocità Gerusalemme-Tel Aviv.
Di seguito il comunicato stampa
In chiusura di seduta il Consiglio comunale ha esaminato e votato due ordini del giorno.
Il primo, con primo firmatario il consigliere Fucito, esprimendo “condanna morale e politica” nei confronti della società Pizzarotti & C.
per la partecipazione della stessa società ai lavori per la costruzione della ferrovia ad alta velocità Al Gerusalemme – Tel Aviv, opera che rappresenta una palese violazione del Diritto Internazionale, impegna Sindaco e Giunta a intervenire presso la stessa società “al fine di persuaderla a ritirarsi dalla partecipazione alla realizzazione della A1” e a valutare la possibilità di inserire nei regolamenti e nei criteri di scelta per la partecipazione a bandi comunali la clausola che escluda la partecipazione di aziende e soggetti economici che operino in violazione dei diritti umani e/o in contrasto con il diritto internazionale. L’ordine del giorno, modificato a seguito di alcuni
rilievi dell’Assessore Narducci al secondo punto del dispositivo, è stato approvato a maggioranza con l’astensione di Santoro (FLI) e del Presidente Pasquino.
Il secondo ordine del giorno, con primo firmatario il Presidente Pasquino, è stato approvato all’unanimità; con esso, il Consiglio comunale di Napoli fa proprio l’appello lanciato dai Rettori delle Università della Campania al Ministro degli Esteri della Germania Guido Westerwelle per scongiurare la chiusura del Consolato generale tedesco a Napoli.
Leggi l’ordine del giorno concernente la partecipazione dei lavori della Ditta Pizzarotti & C. per la realizzazione della ferrovia ad alta velocità “A1” Gerusalemme –Tel Aviv Continua a leggere
MAURIZIO MATTEUZZI*
Roma, 10 febbraio 2012, Nena News – È noioso ripeterlo ma bisogna farlo: il copione della crisi siriana sembra sempre più ineluttabilmente scritto su quello della crisi libica di un anno fa. Solo la parola fine è ancora da scrivere, anche se Assad prima o poi dovrà togliere il disturbo (nello stesso modo di Gheddafi?): ancora da scrivere perché la Siria non è la Libia e far saltare in aria la Siria (con i suoi addentellati in Libano e soprattutto in Iran) non sarà come far saltare in aria la Libia e, semmai, potrebbe essere come aver fatto saltare in aria l’Iraq (scenario da incubo).
Per il resto sembra di vedere un remake: le brutalità del regime sugli oppositori riprese e rilanciate dalle cancellerie straniere e dai media internazionali (che certo ci sono, come a Homs dove ieri pare che l’esercito siriano abbia bombardato per il sesto giorno consecutivo, ma è lecito il sospetto che siano un po’ esagerate, probabilmente reciproche e in ogni caso non veritifcate); l’occidente e le petro-monarchie del Golfo (notoriamente preoccupatissime per i diritti umani e civili delle popolazioni) che non possono tollerare gli abusi contro i civili siriani e quindi si uniscono in un gruppo di «amici della Siria» (come a suo tempo si unirono in un gruppo di «amici della Libia» con Sarkozy e Henry Levy in testa), sempre gli stessi: Usa, Francia, Gran Bretagna, Arabia saudita, Qatar…, con la Turchia come new entry; le voci di possibili interventi militari (gli Usa del Nobel per la pace Obama), le voci che interventi o invii di armi agli insorti siriani li escludono (i ministri degli esteri inglese Hague e turco Davutoglu) ma poi lasciano filtrare (il Guardian di Londra, il sito israeliano Debka vicino ai servizi) voci sulla presenza in Siria a fianco dei «disertori» – già ora – di forze speciali Usa, britanniche, del Qatar (come fu durante la guerra civili in Libia). Continua a leggere
IKA DANO
Roma, 06 Febbraio 2012, Nena News (nella foto, il capo di Hamas Meshaal con il presidente siriano Assad)
Russia e Cina hanno bloccato con il veto la risoluzione ONU contro il regime di Bashar al Assad. Una decisione che “disgusta” gli Stati Uniti ma che fa tirare un sospiro di sollievo a tanti palestinesi, specie quelli dei movimenti di sinistra, timorosi che un eventuale cambio di regime a Damasco, storico sostenitore della causa palestinese, possa indebolire ulteriormente cio’ che rimane dfel fronte arabo avversario di Israele e Stati Uniti. Piu’ cauto e’ l’atteggiamento dell’Autorita’ nazionale palestinese di Abu Mazen che, sin dai tempi dello scomparso presidente Yasser Arafat, ha avuto relazioni turbolente con il regime di Damasco. Abu Mazen e il suo partito, Fatah, tacciono ma probabilmente auspicano un cambiamento a Damasco. Il movimento islamico Hamas da parte sua, dopo aver goduto per anni dell’ospitalita’ e dell’appoggio di Damasco, adesso prende le distanze e cerca nuovi alleati nel Qatar e nella Turchia. Continua a leggere
Gerusalemme, 19 gennaio 2012, Nena News – Israele sembra aver preso la sua decisione. Acquisterà 25-30 jet da addestramento M-346 della italiana Alenia Aermacchi, spendendo un miliardo di dollari, e rinuncerà ai T-50 Golden Eagle sudcoreani che pure fino a qualche tempo fa apparivano la sua prima opzione. Israele deve sostituire i suoi A-4 Skyhawks, velivoli del periodo della guerra del Vietnam sui quali si addestrano da 30 anni i suoi piloti. Se non ci saranno sorprese, i top gun israeliani – impegnati quasi quotidianamente in missioni di guerra contro obiettivi a Gaza e che nei prossimi mesi potrebbero decollare in direzione delle centrali nucleari iraniane – si addestreranno su aerei di fabbricazione italiana.
Non è chiaro cosa abbia convinto gli israeliani. I jet da addestramento italiani e sudcoreani hanno caratteristiche simili e Seul aveva anche offerto alle Industrie Militari di Israele (IMI) accordi futuri per 5 miliardi di dollari. Roma invece in cambio dell’acquisto degli M-346 aveva messo sul tavolo contratti futuri per «appena» un miliardo di dollari. Secondo la stampa locale, Israele avrebbe scelto gli aerei della Alenia Aermacchi perché interessato a sviluppare con l’Italia progetti per la costruzione di satelliti, attraverso le sue industrie aeronautiche, e perché attirato dalla probabile vendita a Roma di droni, una delle sue «specialità». L’Italia inoltre dovrebbe acquistare in Israele due AWACs, gli aerei radar.
Le speranze della Alenia Aermacchi sembravano aver subito un duro colpo lo scorso 19 novembre quando un M-346 era precipitato in mare durante l’air show organizzato annualmente negli Emirati arabi uniti. Invece sembra aver ugualmente strappato il «sì» di Israele, grazie anche i rapporti militari e di sicurezza sempre più stretti tra i due paesi. Soprattutto tra le due aeronautiche militari. Di recente i piloti israeliani si sono addestrati in Sardegna e quelli italiani nel Neghev. Nena News
from Nena News: http://nena-news.globalist.it/?p=16460
DA NENA NEWS:
Estremisti israeliani danno alle fiamme una moschea a Gerusalemme per protestare contro la mancata demolizione della passerella di legno che collega il Muro del Pianto alla Spianata delle moschee.
Gerusalemme, 14 dicembre 2011.
«Benvenuta Palestina nella casa dell’Unesco». Mentre, ieri a Parigi, Irina Bokova, direttrice generale dell’Unesco, pronunciava queste parole, il presidente dell’Olp Abu Mazen sorrideva soddisfatto. Annuendo felice quando Bokova ha aggiunto «l’adesione della Palestina all’Unesco sarà una grande chance per costruire la pace e la sicurezza tramite la scuola, la cultura e la scienza». Così ieri, per una volta, hanno gioito tutti i palestinesi, senza distinzioni politiche. La Palestina è ufficialmente il 195esimo membro dell’Unesco e la bandiera di questo Stato, sotto occupazione militare israeliana, è stata issata al quartier generale dell’Unesco. «È un momento storico e commovente per me e per il mio popolo vedere la nostra bandiera issata qui all’Unesco, insieme alle bandiere degli altri Stati membri. La Palestina rinasce oggi», ha commentato Abu Mazen, rispondendo alle domande dei giornalisti. Meno felici sono in queste ore il premier israeliano Netanyahu e il presidente americano Obama. Entrambi hanno cercato di impedire il «sì» dell’Unesco alla Palestina e hanno anche tagliato i loro finanziamenti (oltre 60 milioni di dollari) all’agenzia Onu.