Carceri israeliane, proteste e sciopero della fame dei detenuti politici

Sempre tesa la situazione nelle carceri israeliane dove sono detenuti i circa 5mila prigionieri politici palestinesi. Continua lo sciopero della fame Hassan Safadi e Samer Al-Barq
 

di Valeria Cagnazzo

Roma, 26 agosto 2012, Nena News – Continuano le tensioni nelle carceri israeliane. In quella di Ramon, lo scorso 23 agosto, sono scoppiati violenti scontri tra otto prigionieri palestinesi e le guardie della prigione. Lo ha riferito Issa Qarage, ministro palestinese per gli Affari dei prigionieri. I carcerieri avrebbero preso d’assalto una sezione del carcere e aggredito i detenuti, cercando di farli spogliare per effettuare delle ispezioni. Le guardie avrebbero anche lanciato lacrimogeni e posto alcuni detenuti in isolamento. In seguito, avrebbero tagliato acqua ed elettricità nelle celle.

Sarebbe questo l’ennesimo segnale del malcontento dei circa 4700 detenuti politici palestinesi. Secondo le stime fatte da Abdel Nasser Farawana, ricercatore per la questione dei detenuti, i prigionieri sono circa 4.550, 220 i bambini. Tra di loro, ancora molti stanno portando avanti lo sciopero della fame iniziato lo scorso 17 aprile da un terzo dei detenuti palestinesi.

Tra i motivi principali delle protesta l’isolamento carcerario, dovuto alle sanzioni imposte da Israele sulle visite dei familiari da Gaza nel 2006, quando un gruppo di militanti palestinesi rapì il soldato israeliano Gilad Shalit, e la “detenzione amministrativa”: in base a questa disposizione, risalente al mandato britannico, lo Stato israeliano è autorizzato ad arrestare i sospettati e, pur non avendo le prove, a protrarre all’infinito la durata della loro detenzione.

A segnalare le precarie condizioni dei palestinesi prigionieri di Israele e ad esprimere serie riserve riguardo al rispetto dei diritti umani nelle carceri era stato già Richard Falk alla fine di Aprile. Il delegato speciale dell’Onu per i diritti dell’Uomo nei territori occupati in Palestina si era detto già allora, a pochi giorni dall’inizio degli scioperi della fame, “disgustato dalle continue violazioni dei diritti dell’uomo nelle prigioni israeliane”. E aveva aggiunto: “Chiedo ufficialmente al governo israeliano di rispettare le convenzioni internazionali relative al rispetto dei diritti dell’uomo per quanto riguarda i detenuti palestinesi”.

A distanza di quattro mesi, però, la situazione resta critica. Oltre al caso dell’aggressione nella prigione di Ramon, si pensi, ad esempio, alle denunce di maltrattamenti sui prigionieri Hassan Safadi e Samer Al-Barq, il primo al suo 64° giorno di sciopero della fame, il secondo al 94°. Secondo quanto riferito da Safadi all’avvocato Fares Ziad, il 13 agosto le guardie dell’IPS – Israel Prison Service – avrebbero fatto irruzione nella stanza della clinica medica della prigione di Ramleh, che divideva con Al-Barq, per portare i due detenuti in un’altra sala, dove si trovavano prigionieri che non conducevano lo sciopero.

La convivenza nella stessa stanza tra scioperanti e detenuti che mangiavano regolarmente avrebbe fortemente provato Safadi e Al-Barq e avrebbe potuto portarli a desistere dalla loro protesta. Al rifiuto dei due detenuti, le guardie li avrebbero aggrediti: avrebbero addirittura sbattuto due volte la testa di Safadi contro la porta, fino a farlo cadere a terra privo di sensi. Safadi e Al-Barq sono stati infine trasferiti in una cella di isolamento, priva di materassi. In seguito all’episodio, si sono scatenate le reazioni di Addamer , Al-Haq e dei Medici per i Diritti Umani in Israele, che chiedono l’intervento della comunità internazionale e delle indagini sulle condizioni di tutti i prigionieri attualmente in sciopero.

Quanto al numero degli arresti, sempre Falk aveva tirato delle somme alquanto significative: nel suo comunicato Onu aveva, infatti, sottolineato come, a partire dal 1967, oltre 750mila Palestinesi siano stati arrestati da Israele, dei quali 23mila donne e 25mila bambini. Ciò significa che circa il 20% della popolazione non israeliana dei territori occupati è passata almeno una volta dalle carceri israeliane. La situazione non sembra migliorare: come ha segnalato Abdel Nasser Farawana, ogni giorno sarebbero circa 10 i “sequestri” di palestinesi, ossia l’arresto, spesso notturno, da parte di unita’ speciali israeliane che entrano nei centri abitati palestinesi. Non ultimo quello del 22 agosto nella città di Hebron (Cisgiordania) dove è stato arrestato un bambino, Hamza Sharif, di soli 13 anni.

Sull’isolamento carcerario, sembrerebbero – il condizionale qui è davvero d’obbligo – aprirsi alcuni spiragli: sempre ai giorni scorsi risale la visita di un gruppo di famiglie della Striscia di Gaza ai detenuti del carcere di Nafha. Il primo permesso per i familiari di Gaza di far visita ai 470 detenuti provenienti dalla Striscia nelle prigioni israeliane era stato dato solo il 12 maggio, grazie allo sciopero della fame e alla mobilitazione da esso generata.

Da segnalare, fonte di sollievo per il gruppo del “Freedom Theatre” di Jenin (Cisgiordania), è la scarcerazione da parte dell’Autorita’ Nazionale Palestinae, su cauzione, di Zakaria Zubeidi (cofondatore del teatro), accordata nel processo dello scorso 22 agosto. Nena News

 

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