“Per me, la Palestina è il paradiso”
Un’intervista esclusiva con Leila Khaled
(giovedì 3 aprile 2014)
Frank Barat per LMADO: Come stai Leila? Cosa fai attualmente ad Amman?
Leila Khaled: Sto bene da quando sono parte della lotta per la libertà, per il nostro diritto al ritorno e per uno Stato indipendente con Gerusalemme come capitale. So che questo non succederà in un futuro troppo vicino, ma sto lottando nonostante tutto. Qui ad Amman sono capo del dipartimento per i rifugiati ed il Diritto al Ritorno del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP).
LMADO: Tu sei una rifugiata palestinese, una dei sei milioni. Pensi ancora che tornerai un giorno? E cosa pensi delle condizioni dei rifugiati Palestinesi in Libano, ai quali sono negati i diritti più basilari e che ancora oggi a volte sono criticati per i loro tentativi di migliorare le loro vite in Libano, come se questo potesse compromettere il loro diritto al ritorno in Palestina?
LK: I Palestinesi sono stati distribuiti in diversi paesi. Ogni paese ha avuto un impatto sulle persone che vivono lì. I Palestinesi in Libano, negli anni ’70 e ’80, fino al 1982, hanno aiutato la lotta armata, che a sua volta ha aiutato a difendere la rivoluzione. Israele ha attaccato ed invaso continuamente, ed ha anche occupato una parte del paese. Dopo il 1982, la missione principale dei Palestinesi fu quella di ottenere il riconoscimento dei propri diritti, civili e sociali, dei quali sono stati privati in Libano. Questo permetterà loro di essere impegnati nella lotta per il diritto al ritorno. I Palestinesi in generale considerano il Diritto al Ritorno come un concetto ed una cultura. Ogni Palestinese ti dirà che lotta per i proprio diritti civili e sociali, ma ciò significa che si sta preparando per il ritorno. Le due cose sono inseparabili.
LMADO: La questione dei rifugiati, all’interno dei negoziati, negli ultimi dieci anni è diventata sempre più “obsoleta”, qualcosa che non è più un diritto inalienabile ma che può essere negoziato. Lo stesso è successo nell’ultima fase, i “negoziati Kerry”. Cosa pensi di ciò? E cosa pensi che succederà dopo il 29 aprile, quando i negoziati dovrebbero finire?
LK: Il FPLP ed io personalmente siamo stati contrari ai negoziati dal 1991. Il problema è che entrambe le parti sono ferme sulle loro posizioni. Gli Israeliani pensano che la Palestina sia la terra per tutti gli ebrei del mondo. I Palestinesi sono convinti che la terra appartenga a loro e che ne siano stati espulsi nel 1947/1948. Quando questo conflitto si sposta da una fase all’altra si pensa che le due parti abbiano lo stesso potere, ma nei fatti noi non lo abbiamo, questa è soltanto un’illusione. La leadership decise di aderire agli Accordi di Oslo, ritenendo che questo fosse un passo avanti verso la conquista dei principali diritti dei Palestinesi. Certe persone hanno creduto in questo, ma hanno scoperto, dopo vent’anni, che era un controsenso. Ha portato la catastrofe su di noi. Le colonie ebraiche sono più numerose che mai, il doppio rispetto a prima di Oslo, il numero dei coloni è raddoppiato, ancora più terra è stata confiscata, e, ovviamente, il Muro è stato costruito. Il muro dell’apartheid. Israele è uno stato di apartheid. Questi negoziati, adesso, intendono aiutare Israele, e non i Palestinesi. Abbiamo già sperimentato cosa Israele intende con negoziato. Israele non rispetta mai le sue promesse, i suoi doveri, e semplicemente porta avanti il suo progetto di rendere la vita dei Palestinesi un inferno. Il mio partito ed io siamo contrari anche a quest’ultima fase dei negoziati, ovviamente. In particolare in questo momento. Gli Americani stanno supportando un progetto Israeliano che aiuterà unicamente Israele. C’era un accordo, sponsorizzato dagli Americani, che diceva che gli insediamenti in Cisgiordania dovevano essere fermati e che 104 prigionieri dovevano essere rilasciati in tre differenti periodi. Ora, gli Israeliani hanno detto che non avrebbero rispettato questo accordo e che non avrebbero rilasciato l’ultimo gruppo di prigionieri.
Comunque, anche coloro che erano stati già rilasciati spesso sono stati rimessi in prigione dopo poco. Questo è ciò che Israele intende con la politica della porta girevole. I politici hanno detto che i prigionieri dovevano essere liberati, ma poi sono stati arrestati. Molti di loro sono tornati ancora in prigione. È chiaro da tutto ciò che gli Israeliani non sono pronti per fare la pace con i Palestinesi. Stanno anche approfittando del fatto che gli
Arabi sono occupati con molte altre questioni, e non supportano i Palestinesi. Pertanto nessuno condannerà Israele per l’insulto agli accordi che firma.
Intoltre, cosa vuole Kerry? Qual’è il suo piano? Nessuno lo sa. È tutto detto a voce. Non c’è niente di scritto. La leadership dovrebbe rifiutare ciò che Kerry offre. In ogni caso, Kerry non tornerà a Ramallah con un’altra offerta. Questo significa che l’Autorità Palestinese utilizzerà la sua seconda opzione e tornerà alle Nazioni Unite. Poi, notizia di oggi, gli Stati Uniti hanno detto che si opporranno ad una tale mossa. Cosa significa tutto questo?
Io penso che dovremmo come prima cosa considerare la natura dello Stato di Israele. In secondo luogo, dobbiamo capire meglio i loro progetti ed i loro piani. Infine, sappiamo che Israele è molto più forte di noi in alcuni aspetti. Ma anche noi siamo potenti. Dipende tutto dal nostro popolo. Noi abbiamo la volontà di affrontare le sfide che Israele ci pone di fronte. C’è un proverbio Inglese che dice: “Quando c’è una volontà, c’è una strada”. Crediamo ancora che questo sia un nostro diritto e che dobbiamo combattere per esso. Abbiamo
lottato, stiamo lottando, e lotteremo. Da una generazione all’altra. La libertà ha bisogno di un popolo forte che vada a combattere per i propri sogni. Per questo credo che non ci sia una soluzione adesso. Gli Americani vogliono sempre prolungare i negoziati. Questo non aiuterà.
LMADO: Se i negoziati non portano la pace in Palestina, cosa lo farà? Cosa dovrebbe fare la leadership?
LK: Resistere! È così che conquisti i tuoi diritti come Popolo. La storia lo ha dimostrato. Nessun popolo ha conquistato la propria libertà senza una lotta. Quando c’è occupazione, c’è resistenza. Non è un’invenzione Palestinese. Noi stiamo per indire una conferenza da tenersi sotto gli auspici delle N.U., solo per attuare le risoluzioni prese da questo organo sulla questione Palestinese. La risoluzione 194 chiama Israele ad accettare il ritorno dei rifugiati. Bene, mettiamo le Nazioni Unite alle strette. Facciamo una conferenza ricordando alla gente questa cosa. Il problema è che le relazioni di qualsiasi negoziato che sia stato fatto sono state redatte dagli Americani, che sappiamo essere parziali nei confronti di Israele.
LMADO: OLP significa Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Pensi che abbia perso il suo vero significato? Bassam Shaka nel 2008 mi disse che l’ OLP, prima di tutto, aveva bisogno di tornare alle sue radici di movimento di liberazione.
LK: Non si può conquistare la liberazione senza la resistenza. Il mio partito non è cambiato. È rimasto fedele al suo programma originale. Siamo chiamati ad intensificare la resistenza. La gente parla di resistenza popolare. Non significa solamente dimostrazioni. Anche usare le armi è popolare. Abbiamo gente pronta a combattere.
LMADO: Cosa significano resistenza pacifica e non violenta per una persona come te, che scelse la resistenza armata come forma di liberazione?
LK: La resistenza ha più di un volto. Può essere qualsiasi tipo di resistenza. Non violenta e violenta. Io non ho problemi con coloro che scelgono la non-violenza. Non libereremo il nostro paese solo con la lotta armata. Altri tipi di resistenza sono necessari. Il tipo politico, quello diplomatico, quello non violento. Dobbiamo usare tutto ciò che abbiamo. Da più di dieci anni, la gente ha manifestato a Bil’in, a Nabi Saleh…contestando il muro e l’annessione della terra. Come si comporta Israele con questo? Violenza, gas lacrimogeni, bombe… Pensi che sia accettabile che ci sia un esercito con un arsenale immenso contro persone che hanno in mano solo delle bandiere? Io sono d’accordo nell’usare ogni mezzo di resistenza. Non possiamo dire che la resistenza non violenta da sola conquisterà i nostri diritti. Stiamo affrontando uno Stato di apartheid, il Sionismo, gli Americani e, in generale, l’Ovest, che supporta Israele. Quando le posizioni di forza cambieranno, allora potremo cominciare a parlare di negoziati.
LMADO: è sempre più facile sostenere la causa della lotta armata quando il pubblico sa chi è l’oppressore e chi l’oppresso. Le tue azioni del ’69 e del ’70 erano a proposito di questo, giusto? Per rimettere la Palestina sulla mappa. Pensi che il processo educativo di mostrare un’altra faccia della Palestina, dimostrando che i Palestinesi hanno la legittimità e sono nel giusto, sia stato portato avanti sufficientemente?
LK: Prendiamo l’esempio del Vietnam. O dell’Algeria e del Sud Africa. La gente ha avuto bisogno di tempo per convincere il mondo intero della giusta causa della loro lotta. Alla fine, il mondo ha capito che coloro che sono oppressi hanno il diritto di resistere nel modo che vogliono. Nessuno può imporci una forma di resistenza. Abbiamo scelto la lotta armata. Non abbiamo raggiunto i nostri obiettivi. Poi l’Intifada è esplosa, ed il mondo intero ci ha presi sul serio. Abbiamo ottenuto supporto da gente di tutto il mondo. Tuttora non abbiamo
raggiunto i nostri scopi poichè la leadership ai tempi non ebbe abbastanza coraggio per intensificare l’intifada, per portarla ad un altro livello. Israele era pronto ad accettare il ritiro dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza. Ma la nostra leadership ci ha tradito. L’Intifada era la scelta del popolo. Se torniamo indietro all’inizio della resistenza ed al possesso delle armi, era una necessità per i Palestinesi dopo il 1967. Dipendevamo dai paesi
Arabi per riconquistare la nostra terra. Ma anche loro ci tradirono. Israele occupò ancora più Palestina. Così decidemmo di prendere il nostro destino tra le nostre mani. Intraprendendo una lotta armata. Ora la gente è in attesa ma sa già che questi negoziati non ci porteranno da nessuna parte. Le nostre passate esperienze con Israele ci hanno insegnato che non ci possiamo fidare. Loro non rispettano la parola data. Ci minacciano
continuamente. Abu Mazen non è un partner per la pace? Chi lo è? Sharon? Netanyahu? Questo governo di destra? Questo non è un governo, questa è una cricca, essenzialmente, che rappresenta i coloni, i fascisti, i razzisti. La bugia è cominciata il secolo scorso. Questa era la terra degli Ebrei. La bibbia l’ha data a loro. Questo è democratico? Il mondo nel 1948 accettò questa bugia. Dio ci promise la terra! Come se Dio fosse un agente immobiliare. Questo è un progetto coloniale. Questa è la questione principale del conflitto.
LMADO: La lotta è per fermare il progetto coloniale di Israele, poi, infine, finire con l’apartheid. Che cosa accadrà, secondo te, il giorno successivo? Il giorno dopo la vittoria? Una soluzione come in Algeria o come in Sud Africa?
LK: Noi abbiamo sempre offerto la soluzione più umana. Un luogo in cui ognuno viva su basi eguali. Ebrei, Musulmani, non mi interessa la religione delle persone. Io credo nell’essere umano in sè stesso. Gli esseri umani possono sedersi insieme e possono decidere insieme sul futuro di questa terra. Ma non posso accettare che non abbia il diritto, ora, di tornare alla mia città. Come sei milioni di Palestinesi. Non abbiamo il permesso di andare là. Stiamo offrendo una soluzione umana e democratica. Nessuno può dirmi che non possiamo decidere del destino del nostro paese perchè siamo profughi. Quello che ci è successo è unico nella storia, a quanto ne sappia. Della gente è stata cacciata dalle proprie case ed altra gente, proveniente da molto lontano, ha presto il loro posto. Gli Israeliani erano cittadini di altri paesi. Israele, grazie a varie organizzazioni, prima del 1948 costituì un esercito, okay, però non c’era società. Le persone provengono da culture differenti, alcune non parlano nemmeno l’ebraico. Non vogliamo altro sangue, ma siamo obbligati a resistere. Abbiamo il diritto di vivere nella nostra patria. Quando gli Israeliani realizzeranno che fino a quando non cambieranno posizione questo conflitto sarà infinito, potrebbero accettare la nostra soluzione. Alcuni Israeliani lo hanno già capito. Che non puoi continuare a lottare per sempre. Per cosa?
LMADO: Parlaci del ruolo delle donne nella resistenza. Pensi che le tue azioni, nei dirottamenti aerei del ’69 e del ’70, abbiano contribuito più alla causa della Palestina o a quella delle donne di tutto il mondo, o ad entrambe?
LK: I dirottamenti erano semplicemente una tattica. Volevamo che rilasciassero i nostri prigionieri ed eravamo obbligati a fare una dichiarazione molto forte. Dovevamo inoltre richiamare l’attenzione di tutto il mondo sul fatto che noi Palestinesi non siamo solo rifugiati. Siamo un popolo che ha un obiettivo politico ed umano. Il mondo ci ha dato tende, abiti usati e cibo. Hanno costruito dei campi per noi. Ma noi eravamo più di questo.
Oggi esistono dei piani per chiudere i campi, in quanto eredità del 1948. Le donne sono parte del nostro popolo, vivono le stesse ingiustizie. Per questo si sono impegnate. Le donne danno la vita, per cui percepiscono il pericolo ancor più che gli uomini. Quando sono coinvolte nella resistenza, sono più fedeli alla rivoluzione perchè difendono anche la vita dei loro figli. Da quando ho dato la vita ai miei due figli mi sono convinta sempre più che devo fare del mio meglio per difenderli e costruire un futuro migliore per loro. Ho sofferto per le donne che hanno perso i loro figli. Dunque credo che le mie azioni abbiano avuto un impatto su entrambe le cose, per rispondere alla tua domanda. Lo slogan del Fronte Popolare era “Uomini e donne insieme nella lotta per la liberazione della nostra patria”. Il FPLP ha ampliato questo dando un posto alle donne nella guerriglia. Allo stesso tempo, le donne hanno giocato un ruolo importante nella difesa del fronte interno, le famiglie. Migliaia
di donne Palestinesi ora sono responsabili per le loro famiglie. Dopo tutte le guerre, i massacri, gli arresti, gli omicidi da parte di Israele, queste donne hanno protetto le loro famiglie dall’essere disperse. Inoltre, ora le donne sono istruite, lavorano, viaggiano, vanno all’università ecc… Prima della rivoluzione non era così. Ora è così. E questo è imprescindibile. Puoi vedere che le donne sono coinvolte in moltissimi aspetti della lotta e della società. Sia all’interno che all’esterno della Palestina.
LMADO: Lina Makboul, la regista del film “Leila Khaled: hijacker” sottintende, nell’ultima sua domanda del film, che le tue azioni hanno più che altro fatto un danno al popolo Palestinese. Il film finisce esattamente dopo la domanda. Cosa avevi risposto?
LK: Lei mi disse che lo fece a fini cinematografici. Ma non mi piacque. Il fatto che la gente non potesse ascoltare la mia risposta. La mia risposta fu no, ovviamente! Le mie azioni erano il mio contributo al mio popolo, alla lotta. Non abbiamo danneggiato nessuno. Abbiamo dichiarato al mondo intero che siamo un popolo, che vive un’ingiustizia, e che il mondo doveva aiutarci a raggiungere il nostro obiettivo. Sono stata seduta con Lina ore
ed ore raccontandole tutta la storia. Mi disse poi che la televisione Svedese voleva solo la domanda.
LMADO: Rifletti a volte sul passato? Ripensi, quando osservi lo stato attuale delle cose, a che cosa è stato fatto, cosa si sarebbe potuto fare, cosa si sarebbe potuto fare diversamente? Cosa è andato storto?
LK: Recentemente il mio partito ha tenuto la sua settima conferenza ed ha rivisto le sue posizioni. In seguito abbiamo stilato un programma per ampliare le nostre relazioni con le forze progressiste in tutto il mondo, in particolare a livello arabo. Abbiamo deciso inoltre di rafforzare la nostra struttura interna. Ho anche capito che devo rivedere la mia posizione, il mio pensiero. Ogni anno, intorno a dicembre, guardo indietro all’anno passato e poi decido di fare qualcosa per l’anno successivo. Quest’anno ho deciso di smettere di fumare, quindi l’ho fatto.
LMADO: Mabruck! (congratulazioni)
LK: Avevo preso questa decisione, quindi è stato facile per me realizzarla.
LMADO: Perchè secondo te la Palestina è diventata un simbolo così importante del movimento di solidarietà?
LK: La palestina per me è il paradiso. Le religioni parlano a proposito del paradiso. Merita i nostri sacrifici.
Versione originale: http://lemuradesoreilles.org/2014/04/07/for-me-palestine-is-paradise-conversation-with-leila-khaled/
Traduzione a cura del Gruppo Azione per la Palestina