Hands off Syria!

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Il FPLP per il 20°anniversario degli accordi di Oslo

osloposterAbu Ali Hassan: è tempo di superare gli accordi di Oslo.

Abu Ali Hassan, membro del Comitato Politico del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, ha dichiarato che il punto più importante degli accordi di Oslo non sta nelle sue condizioni o nelle clausole umilianti, ma piuttosto consiste nell’essere stato un momento chiave e un notevole passo indietro nella coscienza politica palestinese, evidente nel suo pensiero reazionario riguardo la terra di Palestina ed il suo popolo.

Abu Ali Hassan ha dichiarato che gli accordi di Oslo sono stati il primo documento ufficiale palestinese in cui si è ridotta la questione dei diritti dei palestinesi a “processo verso una soluzione”; questo fatto dimostra come la direzione politica del tempo avesse rifiutato la possibilità della liberazione. Di più, A.A.H. ha inoltre detto che l’importanza di questi accordi sta anche nel loro aver prodotto una crepa profonda nell’approccio politico palestinese verso Israele e i diritti dei palestinesi.

Infine ha sottolineato l’importanza di rovesciare il tavolo, cancellando l’accordo e ritornando alle radici della questione.Nel ventesimo anniversario degli accordi di Oslo.

 

Nel ventesimo anniversario degli accordi di Oslo.

Nel ventesimo anniversario della firma degli Accordi di Oslo, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina chiede di abbandonare il percorso cominciato con questi accordi e di interrompere i negoziati di pace. Nel ventesimo anniversario di quegli accordi, stipulati a Washington, all’interno della Casa Bianca, il 13 settembre 1993, il Fplp domanda che i negoziatori palestinesi abbandonino immediatamente il tavolo di negoziati bilaterali confidenziali e suspiciosi, e che si rivolgano invece alle Nazioni Unite e alle sue istituzioni per arrivare a nuove ed incisive risoluzioni. Continua a leggere

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PER RICORDARE SABRA E CHATILA

sabrachatilaLayla Shahid e Jean Genet in un’intervista del 1983 sui fatti di Sabra e Chatila
 

L. S.: Nel rapporto della Commissione Kahan, un soldato ha raccontato di come ha vomitato quando un falangista che aveva preso un bambino proprio davanti agli occhi di un israeliano gli ha detto “lo porto all’ospedale”, l’ha preso e poi l’ha squartato. E questo soldato ha detto “ho vomitato”. Ma vomitare non è un atto.
Per me il vero riconoscimento è quello che viene dall’individuo e fa sì che tu non sia più pronto ad accettare che si faccia a un essere umano palestinese ciò che non sarebbe mai fatto a un essere umano ebreo o cristiano, israeliano od occidentale. Questo è un riconoscimento reale. Ma se il riconoscimento si limita a un trattato firmato alle Nazioni Unite non ha grande valore. In Occidente, si è fatta una gran cosa della Commissione Kahan e delle manifestazioni di 400.000 persone, a Tel Aviv, che rivendicavano una commissione d’inchiesta dopo i massacri di Sabra e Chatila, manifestazioni organizzate da Peace Now. E ogni occasione è buona per ricordarci che questa è la prova della democrazia israeliana. A mio parare – e sono d’accordo con Jean – manifestazione e rapporto fanno entrambi parte del massacro. E’ quasi la messa in scena di una rappresentazione teatrale il cui soggetto è il massacro, ma il copione sono il resoconto di Kahan e la manifestazione. Non che io metta in dubbio la buona fede dei manifestanti, ma voglio dire che una volta fatta la manifestazione, il cittadino israeliano si è sentito il cuore tranquillo. Il suo esercito, non bisogna dimenticarlo, costituito in maggior parte di riservisti, quindi di cittadini – non si può dire che l’esercito non li riguarda, perchè ciascuno è potenzialmente l’esercito, potenzialmente soldato -, l’esercito ha compiuto un massacro, io ho manifestato, e che non mi si secchi, ho fatto il mio dovere. Ma ho manifestato per un’ora. E questo ti ha dato il privilegio di farti chiamare cittadino di una grande democrazia, per il solo fatto di aver manifestato. E l’indomani si continuano ad annettere territori, ad espellerne gli abitanti, a distruggere le abitazioni, e torturare persone nelle galere israeliane, a non considerare i 5.000 prigionieri politici di Ansar come prigionieri di guerra. E tu, che cosa fai nel frattempo? Tu non fai niente. La tua coscienza è tranquilla. Hai manifestato, e non fai più niente adesso. E’ il dramma perchè l’Occidente crede in questa falsa pratica della democrazia. E coloro che pagano il prezzo reale, sono i palestinesi. Perchè si è rinfrescata l’immagine di Israele, dopo l’inchiesta di Kahan. E dopo che i responsabili hanno ottenuto – Sharon stesso, dopo che tutti ne hanno riconosciuto la responsabilità ha ottenuto un ministero, senza portafoglio, è vero, ma è restato ministro. Si è sostituito Begin che, sotto il mandato britannico, era a capo di un gruppo terrorista denominato Irgun. E’ stato rimpiazzato da un vecchio capo terrorista come Shamir. Che cosa è dunque realmente cambiato dopo le manifestazioni? Dopo l’inchiesta? Assolutamente nulla. Ci si è presi gioco di noi. Ci si è presi gioco dell’Occidente che ha apprezzato e che ha acconsentito alla messa in scena, alla commedia.

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Giù le mani dalla Siria! PRESIDIO

Sabato 14 settembre il Gruppo di Azione per la Palestina, con l’adesione di diversi gruppi, associazioni e partiti della sinistra antagonista cittadina, ha organizzato un presidio in piazza Garibaldi per ribadire il suo NO all’intervento guerrafondaio e imperialista in Siria.

I numerosi interventi susseguitisi e la sentita partecipazione popolare sono stati importanti per ribadire la nostra vicinanza al popolo siriano ed a tutti i popoli del Medioriente che resistono alla violenza imperialista americana, sionista e della reazione araba.

Questo presidio è stato una piccola azione, ma ha avuto un grande significato: dimostrare la nostra presenza attiva e far seguire fatti concreti alla nostra linea politica.

Fuori la NATO dal Mediterraneo, per l’autonomia e l’indipendenza degli stati arabi, giù le mani dalla Siria!

Gruppo di Azione per la Palestina – Parma

 

le foto:

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Resist without compromise: bring down Oslo!

Foto e video del corteo organizzato dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina il 7 settembre a Ramallah, per chiedere la fine dei negoziati di pace e la cancellazione degli accordi di Oslo

http://www.youtube.com/watch?v=UjLDTxwFqt4&desktop_uri=%2Fwatch%3Fv%3DUjLDTxwFqt4&app=desktop

Le foto:

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I tamburi di guerra per noi non suoneranno

giu_le_mani_dalla_siria Dopo la Libia di Gheddafi, ora è la Siria di Bashar al Assad che deve cadere.

In uno scacchiere internazionale in una fase di profonda transizione, attraversato da un nuovo assetto dei rapporti di forza, è nel mondo arabo ed in Medioriente che si sta affrontando la partita decisiva.

Da una parte i “cani da guardia” delle potenze imperialiste, guidati dall’Arabia Saudita, impegnati nella difesa della propria egemonia e degli interessi neocoloniali dietro la maschera di un islam politico reazionario e fascista; dall’altra vi è un blocco resistente, dove l’Iran, il Libano di Hezbollah, il popolo palestinese e ciò che rimane della Siria (dopo la “neutralizzazione” dell’Iraq ba’athista) lottano ancora per l’indipendenza e l’autonomia degli stati arabi, e per arginare l’arroganza sionista dello Stato d’Israele.

In questo quadro, gli Stati Uniti, annunciando una guerra lampo e una serie di ultimatum nei confronti di Assad, lanciano il sasso e ritirano la mano, tentennando per la perdita di terreno del proprio strapotere egemonico, minacciato anche dall’avanzare di nuove forze in campo, prima fra tutte la Russia. Nonostante la tipica baldanza americana da “paladini dei diritti umani”, lo stesso Obama è consapevole del fatto che un attacco diretto alla Siria – anche con la copertura della fedele Inghilterra o della Francia – significherebbe non un nuovo Iraq, né un nuovo Afghanistan, ma la Terza Guerra Mondiale.

Oramai anche per i media più organici alle segreterie di stato occidentali è diventato difficile dissimulare l’opportunistica contraddittorietà di chi si appella all’ONU in nome dei diritti umani, e poi non ascolta nemmeno il parere dei suoi osservatori, o di un presidente premio Nobel per la pace che intende “ripristinare la libertà e la democrazia” con le bombe e con la guerra.

In tutto questo il popolo siriano non è stato niente di più che carne da macello o strumento da campagna elettorale, ed è esattamente dalla sua parte che ci vogliamo schierare: contro quella formazione di servizi infiltrati al soldo degli USA e dell’Arabia Saudita che è l’Esercito Libero Siriano, e contro ogni intervento imperialista e guerrafondaio ai danni dell’indipendenza e dell’integrità della Siria.

NO ALLA GUERRA!

DALLA PARTE DEL POPOLO SIRIANO E DI CHI RESISTE!

Gruppo Azione Palestina – Parma

 

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IO STO CON LAITH !

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Io sto con Laith – io sto con la Palestina!

zjihad-gefangIo sto con Laith – io sto con la Palestina!

In un lasso di tempo non meglio specificato tra l’uno e il due settembre 2013 il nostro compagno Laith A., abitante del campo profughi di Aida, Betlemme, ed attivista del centro Amal al Mustakbal (“speranza nel futuro”), è stato arrestato dall’esercito israeliano e deportato presso la prigione di Ofer, situata a sud di Ramallah. L’accusa rivolta a Laith da parte dei militari e, successivamente, dei giudici sionisti è quella di non essere in possesso di un permesso rilasciato dalle autorità israeliane (ottenuto da appena il 18% dei lavoratori della terra) che gli permetta di attraversare “legalmente” il labirinto di check points, posti di blocco e barriere che si chiama Cisgiordania.

Laith stava tentando di uscire dalla West Bank in cerca di un lavoro, una prospettiva quasi impossibile se abiti in un campo profughi, hai 24 anni e l’economia della tua terra è strangolata da un’occupazione che impedisce la libertà di movimento a merci e persone. Laith, nella migliore delle ipotesi, dovrà scontare sei mesi nelle carceri israeliane, il che significa essere sottoposti ad abusi di ogni genere, torture fisiche e psicologiche, una tutela legale pressochè inesistente ed avere il proprio destino in mano ai tribunali giudiziari israeliani, composti per la maggior parte da ufficiali militari senza alcuna preparazione giuridica.

La situazione del nostro compagno è sintomatica di un sistema brutale di occupazione e di detenzione, dove la maggior parte dei prigionieri viene arrestata proprio ai check points, alle frontiere oppure prelevati durante la notte dalle loro abitazioni.

Nelle carceri israeliane sono detenuti più di 6200 palestinesi, dei quali circa 5000 sono prigionieri politici, 178 sono in stato di detenzione amministrativa (ovvero sei mesi rinnovabili di volta in volta senza accusa e senza processo) e circa 200 sono minori, in violazione a numerose leggi internazionali delle Nazioni Unite che si ostinano ancora a ripetere che Israele è “l’unica democrazia del Medio Oriente”.

Come Gruppo Azione Palestina e come Shebab dell’Aida Camp chiamiamo tutti i compagni, gli attivisti ed i sostenitori della causa della Palestina occupata ad una mobilitazione immediata e totale. Per Laith, per tutti i detenuti palestinesi a cui l’occupante sionista nega sistematicamente la dignità e l’esistenza, per una Palestina libera, indipendente e progressista.

Per maggiori informazioni sulle restrizioni di movimento: http://osservatorioiraq.it/node/2262

sul monitoraggio dei prigionieri palestinesi: http://www.addameer.org/

 

Tutti gli aggiornamenti, le novità e gli appelli verranno pubblicati sul nostro sito:

www.gruppoazionepalestina.noblogs.org

Per contattarci: gap.parma@gmail.com

 Laith libero! Libertà per tutti i prigionieri! Sosteniamo la lotta del popolo palestinese, boicottiamo l’economia d’apartheid israeliana!

 Parma, 9 settembre 2013

Gruppo Azione Palestina

Shebab dell’Aida Camp

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Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina commemora il 12 anniversario del martirio di Abu Ali Mustafa

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Nel dodicesimo anniversario dell’assassinio del compagno Abu Ali Mustafa il Fronte Popolare ha organizzato una manifestazione popolare molto partecipata a piazza Yousef al-Qouqa a Gaza City.

Il compagno Mohammad Toman, portavoce del Fronte Popolare, ha parlato dell’eredità di Abu Ali Mustafa, la centralità della resistenza e dell’unità nazionale, e l’importanza del chiedere la fine dei negoziati e la cancellazione degli accordi di Oslo.

abu-ali-mustafa-definitivoIl compagno Ahmad Abu Saud ha letto una lettera del Segretario Generale Ahmad Sa’adat, ancora imprigionato, indirizzata ai manifestanti.

Il Fronte Popolare nel Nord del Libano ha ricordato l’anniversario del martirio del compagno Abu Ali Mustafa nel campo profughi di Beddawi, il 29 agosto 2013, con una marcia attraverso il campo, a cui hanno partecipato anche i membri ed i simpatizzanti del Fonte Popolare e partiti ed associazioni libanesi dei campi di Beddawi e Nahr el-Bared. La marcia, partita dall’entrata del campo, si è conclusa al mausoleo per i martiri della Rivoluzione Palestinese, dove il compagno Fathi Abu Ali ha parlato del ricordo di Abu Ali Mustafa, chiedendo l’immediata cessazione dei nagoziati con i nemici, che al momento sono il più grande pericolo per la causa palestinese.

Il 29 agosto il Fronte Popolare ha inoltre organizzato una gara sportiva in onore di Abu Ali Mustafa allo stadio Tawhid di Gaza City. Nel suo intervento il compagno Samir Bakr ha reso onore al compagno Abu Ali Mustafa e al suo esempio di lotta e resistenza.

Il 1 settembre in centro a Gaza il Fplp ha organizzato una cerimonia per rendere omaggio ad alcuni prigionieri recentemente liberati. Il compagno Bassam Abu Seif ha parlato a nome del Fronte del lascito di lotta di Abu Ali Mustafa ed in particolare sul suo aver osteggiato e chiesto la fine degli accordi di Oslo, notando come questi accordi sono stati causa di divisioni, corruzione e frammentazione, sostenendo che la mobilitazione per la cancellazione di questi accordi è la chiave verso l’unità e la mobilitazione delle forze della resistenza. Ha inoltre messo in guardia dal proposito degli USA di attaccare la Siria, e condannato fortemente l’aggressione occidentale, mettendo in luce come questo andrebbe a vantaggio del nemico sionista, e che la crisi deve essere risolta con un processo politico, e non militare.

Il prigioniero Yousef Abdel-Al ha parlato delle lotte dei prigionieri nelle carceri sioniste, della necessità di una mobilitazione internazionale a supporto dei detenuti, che deve includere tra i suoi obiettivi anche quello di portare nei Tribunali Internazionali gli Ufficiali sionisti. La manifestazione rendeva omaggio e salutava i prigionieri recentemente rilasciati, Mohammed Nasheibat, Yousef Abdel-Al, Ayman Abu sitta, Ahmed Uwaini e Salameh Musleh.

Il 31 agosto nel campo di Ain el-Hilweh il Fronte Popolare ha visitato il cimitero dei martiri del campo profughi, dove ha deposto una corona di fiori. Il compagno Dr. Talal Abu ha tenuto un discorso durante la cerimonia, incentrato sulla necessità di attivare la resistenza per poter superare le divisioni interne ai palestinesi, per potere così raggiungere il diritto al ritorno e la nascita di uno stato Palestinese sull’intero territorio nazionale, dal fiume al mare.

Il Fronte Popolare ha annunciato una manifestazione per il 7 di settembre a Ramallah, con lo slogan “Resist, do not compromise: Bring down Oslo!”, che sarà anche l’occasione per commemorare il 12 anniversario dell’assassinio del compagno Abu Ali Mustafa e il 20 anniversario degli infami accordi di Oslo. La manifestazione comincerà alle ore 12 dall’ Orthodox Club di Ramallah.

Traduzione del Gruppo d’Azione per la Palestina

dal sito del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina http://pflp.ps/

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Fine del campo estivo – inizio di una nuova stagione di lotta!

stronger-1024x768Ieri, con il ritorno in Italia degli ultimi compagni si è ufficialmente concluso il summer camp al centro Amal al-Mustaqbal, nel campo profughi di Aida, Betlemme. Ringraziamo tutti gli shebab che ci hanno accompagnato in questo splendido campo di lavoro e di conoscenza, tutti i ragazzi e le donne del campo, che ci hanno fatto sentire a casa, e tutti i compagni che con pazienza e determinazione ci hanno reso consapevoli e fatto partecipare alla loro battaglia per la libertà e la giustizia.

Il destino del popolo palestinese è il ritorno nella sua terra, la rivolta contro gli oppressori, la vittoria sul sionismo; per questo siamo suoi fratelli, complici, compagni.

Falastin hurra!

Israel barra!

 

Con la Palestina nel cuore,

fino alla vittoria,

Gruppo Azione Palestina – Parma

 

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